RECENSIONE: Il mare di Wuh di Alessandro Gnani

TITOLO: Il mare di Wuh
AUTORE: Alessandro Gnani
EDITORE: Edizioni Tripla E
PAGINE: 394

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TRAMA:
Ad Hayal non esiste criminalità, il clima è mite tutto l’anno e si vive nel benessere. In una primavera da principio come tutte le altre, la pace sociale viene però scossa dal primo delitto a sfondo sessuale della storia cittadina. Il comitato civico, massima istituzione politica di Hayal, entra in conflitto col procuratore di giustizia, considerato troppo arrendevole. Purtroppo altri delitti seguiranno, nel mezzo dell’estate più calda di sempre e in un autunno mai così rigido. La storia personale del procuratore, nel rapporto con la moglie, con l’amico di una vita e con la collettività tutta, s’intreccia alla parabola discendente di Hayal, verso un decadimento che sembra non avere fine.

RECENSIONE

Se frequentate da qualche tempo le pagine del nostro blog, saprete di sicuro che questa non è la prima volta che il nome di Alessandro Gnani salta fuori. Stiamo seguendo da un pezzo l’avventura nella narrativa di questo autore. Abbiamo già recensito alcune sue altre opere (QUI per la recensione de Il processo Siberia e QUI per La vita semplice) e inoltre è stato uno dei partecipanti della prima ora del nostro concorso In mille parole, di cui ha anche vinto qualche edizione. Alessandro è sempre stato un autore che sa scrivere e che, a nostro avviso, scrive bene (nonostante in passato non ci siamo trattenuti dal muovere alcune critiche). Oggi vi presentiamo nelle righe che seguiranno la recensione del suo quarto romanzo, Il mare di Whu. Questa volta come se la sarà cavata?

Inizio subito dicendo che dove c’è distopia, c’è un Emme speranzoso. 
Ho sempre trovato che l’estremo letterario sia uno strumento molto potente per parlare di qualcosa, portare verso l’estremo permette di far emergere con forza le contraddizioni, gli eccessi e gli errori; in questo senso una distopia, enfatizzando un aspetto di una realtà politica e/o sociale, ci permette di cogliere meglio ciò che la caratterizza e di comprenderla nei suoi limiti. In questo testo la distopia (apparentemente utopica) funziona molto bene e l’autore è stato (estremamente) capace di costruire al suo interno un sistema politico e di funzionamento sociale credibile, ben articolato e ben strutturato.

A me piace chiamarla noia. Coccolati dai cuscini dell’agiatezza, viviamo da sempre un’epoca di letargo politico, mio caro amico, un’epoca che trovo estremamente noiosa, tant’è perfetta.

Inizialmente ci troviamo spaesati sentendo parlare dell’idillio di Hayal, tutto gira alla perfezione, tutto funziona e tutti si sentono sicuri e paiono condurre esistenze felici. Tuttavia passare da un’utopia a una distopia non è poi così difficile come si potrebbe credere. Il rapporto tra i due termini è infatti solo apparentemente antitetico – a volte è sufficiente spostare lievemente il tappeto per rivelare quanto lo sporco si sia accumulato sotto di esso. E nel corso del romanzo ciò avviene in modo eccellente. 
Il punto di rottura del sistema istituzionale, di governo e amministrazione pubblica di Hayal avviene quando alcuni abitanti iniziano a commettere atti che il sistema di giustizia non può formalmente condannare, e qui si nota la mano esperta e consapevole che ha tirato i fili della narrazione. 

La storia tocca temi impegnativi. Uno dei principali è il concetto di giustizia. Di quanto sia giusta una giustizia totalmente democratica. Ogni caso ha un suo tema e degli interessanti spunti di riflessione, tutti sempre legati alla mancanza o all’inconsistenza di prove, che per forza di cose in un tribunale devono portare a delle assoluzioni anche qualora il colpevole sia palese. Dall’altro lato si parla della polarizzazione dell’opinione pubblica, della giustizia sommaria che viene agita dal popolo e dai mezzi di espressione a sua disposizione. 

Assistiamo a un ennesimo colpo di mano contro la nostra democrazia e contro il mio cliente. L’ennesima riforma è stata varata con l’unico scopo di pilotare un processo ben preciso, ipotecando la vita di un uomo. Ogni legge, se vuole chiamarsi tale, deve nascere per il bene di tutti i cittadini, senza favoritismi né intenti persecutori. In un mandamento degno del nome che porta, la comunità si indignerebbe e protesterebbe contro questa deriva oscurantista.

Polarizzazione, credenza nel mondo giusto, bias di attribuzione, teoria della mela marcia, stereotipi, pregiudizi, razzismo… questi e molti altri sono i costrutti psicologici che si possono vedere agiti tra le pagine di questo romanzo.

Il crimine non è nel nostro DNA. Una mela marcia come Glop Jr., staccata dal ramo e buttata l’albero. Ma se permettiamo che arrivino da fuori insetti a infestare il nostro meleto, non ci sarà più alcun frutto da raccogliere.

A questo proposito poi abbiamo i personaggi tratteggiati dall’autore: si parla di personaggi talvolta stereotipici, talvolta sorprendentemente complessi e veri; su tutti spicca il sig. Whu, protagonista principale delle vicende narrate. Tuttavia spesso la scena sarà presa anche da una complessa costellazione di personaggi “secondari”, ognuno con una sua storia e con un suo sviluppo che mi ha sempre lasciato ben più che soddisfatto. 
A ciò va aggiunto che, anche se brevi, alcune vicende umane riescono a colpire con tutta la loro forza e a rivelarsi vere ed estremamente toccanti.

Molto altro potremmo dire su questo testo, ma spero sia passato un messaggio di fondo: il libro mi è piaciuto moltissimo, leggerlo è stato un piacere. Non siamo di fronte a un testo che accetta una lettura passiva e leggera, però lo stile con cui è scritto accoglie e accompagna il lettore in un costante percorso di riflessione etica e di autocritica, proprio grazie alle personalità stereotipiche che danzano nella scena letteraria, in cui sicuramente, nel contesto dello specifico caso, chiunque di noi potrà rivedersi e, se sapremo leggere con attenzione, con cui potremo confrontarci per riconoscere i limiti dei ragionamenti che talvolta ci contraddistinguono su questo o quell’altro tema. 

In ultimo, per dovere di cronaca, devo segnalare alcuni refusi sfuggiti alle maglie delle revisioni. 

Per concludere, questo libro è a mio avviso incredibile e incredibilmente significativo, assolutamente è un libro consigliatissimo che ha rischiato pericolosamente di raggiungere un punteggio perfetto nella valutazione sintetica – e sapete quanto sia difficile che io mi esponga tanto. Se non l’avete ancora comprato… fatelo! Adesso. E mettetelo in cima alle vostre priorità di lettura. Non ve ne pentirete.

Emme


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