RECENSIONE: Mago e gli Yukant di Martha Faë

TITOLO: Mago e gli Yukant
AUTRICE: Martha Fae
TRADUTTRICE: Alice Croce Ortega
PAGINE: 83

TRAMA:
Il suo nome non è Mago, ma tutti lo chiamano così. Non è capace di volare, ma il suo sogno è sempre stato quello di librarsi al di là delle nuvole senza aeroplano. Mago ha sentito dire che certe cose sono semplicemente impossibili, ma quello che gli dice il suo cuore è molto diverso.
Lei non ha un nome ma la chiamano Yuki, come tutti i bambini e le bambine della sua isola. Mago, quel bambino così strano, le ha detto che tutto è possibile, anche se a lei il suo cuore dice qualcosa di molto diverso.
Granbecco… Insomma, Granbecco si chiama così e basta, e ha un cuore d’oro, letteralmente.
Il resto è meglio che lo scopra tu. Mago e gli Yukant è una fiaba sull’amicizia che ci insegna che è solo la paura a impedirci di essere liberi. LIBRO CONSIGLIATO PER BAMBINI E BAMBINE DAI 9 AGLI 11 ANNI. È adatto anche a bambini più piccoli, se letto con un po’ di aiuto, in quanto la storia è adatta anche a loro. C’è azione, momenti divertenti e insiste molto sul valore dell’amicizia.

RECENSIONE

La fantasia infantile è considerata una life skill dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti se non ci fosse il mondo si ottunderebbe in una cappa monotona e triste; se la fantasia è il primo postulato che ci rende realmente vivi e con un animo acceso, la speranza potrebbe essere annoverata come secondo principio formativo oppure come una precondizione, un a priori.
Intrattenermi nella candida e tenera lettura di Mago e gli Yukant di Martha Faë mi ha fatta tornare ai tempi della mia fanciullezza, quando la spensieratezza illuminava i cieli di gioia e felicità; proprio la semplicità e la genuinità di quegli istanti indimenticabili e le infaticabili corse sono stati richiamati alla memoria da questo lungo racconto – o breve romanzo (catalogare quest’opera letteraria con precisione poco importa in questo contesto).

Il titolo Mago e gli Yukant incuriosisce molto, tanto è vero che mi sono immediatamente chiesta cosa fossero gli Yukant e chi potesse rappresentare questo fatidico Mago: ovviamente la lettera maiuscola mi ha fatto comprendere che l’autrice ha personificato l’immaginazione infantile attraverso un bimbo in particolare, tanto pargoletto e così tanto eroe in questa vicenda fiabesca. Gli Yukant sono gli abitanti di un paese che è stato scoperto per caso da Mago, i quali sono succubi di una dittatura creata da un fantomatico dio; su di loro regna una doppia schiavitù morale e materiale perché credono che sia impossibile cambiare lo status quo del loro villaggio e pertanto sono soggiogati da una statua di pietra raffigurante un viso cattivo.
Questa storia travalica i limiti di spazio e di tempo, dunque non sono specificati alcun luogo e nessuna epoca storica; per certi versi il lettore può interpretare questo testo come una fiaba, ove l’aiutante è Granbecco, un uccello dalle grosse piume d’oro – il volatile è anche il mezzo mediante il quale il bambino scopre nuovi mondi e inediti universi.

Questa meritevole pubblicazione consta di due piani di significati letterari: il primo è quello denotativo, semplesso e di immediata fruibilità che ci consente di comprendere la vicenda narrata, mentre il secondo eleva l’opera a una metaforica connotazione, in quanto l’andamento narrativo potrebbe essere inteso al pari dell’immaginazione del protagonista o alla stregua di un sogno del nostro eroe; proprio in questo scarto risiede la forza esplosiva dei cantastorie, motore propulsore che mette a tacere la potenza distruttrice del nulla che inghiotte l’uomo in una sorta di alienazione meccanica del “pronto per l’uso” e della legge contemporanea delle informazioni preconfezionate e impacchettate “speedy and fast”.
Ho adorato la sana caparbietà di Mago che non accetta la svilente legge dettata agli Yukant e oppone ogni resistenza per contrastare quel regno dove quegli omini non hanno un’identità, le insperate idee si sfaldano e si sciolgono come neve al sole. Sorgerà l’alba di una nuova era?

Di certo non si rimane impassibili di fronte alle descrizioni che l’autrice con dedizione dona a chiunque si appresta a questo stile leggero e leggiadro; sicuramente è un libro che lascia il retrogusto della nostalgia dei periodi fanciulleschi, trascinando i lettori in quell’ambiente innocente dagli sguardi sorridenti. L’autrice ha pienamente raggiunto i suoi obiettivi, infatti bastano gli occhi vispi e furbi dei miei nipoti e la loro dolce curiosità per ricondurmi alle doti fiabesche di Martha Faë.

Cosa ne pensate? Vi piacerebbe leggere questo libro con i vostri bambini?

Sabrina Santamaria

 


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