RECENSIONE: L’amante giapponese di Isabel Allende

TITOLO: L’amante giapponese
AUTRICE: Isabel Allende
EDITORE: Feltrinelli
PAGINE: 280

TRAMA:
Alma Belasco, affascinante pluriottantenne, colta e facoltosa, decide di trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Lark house, una residenza per anziani nei pressi di San Francisco. In questa struttura, popolata da affascinanti e bizzarri anziani di diversa estrazione sociale, stringe amicizia con Irina, giovane infermiera moldava, di cui presto si innamorerà il nipote Seth Belasco. Ed è ai due giovani che Alma inizierà a raccontare la sua vita, in particolare la sua grande storia d’amore clandestina, quella con il giapponese Ichi, figlio del giardiniere dell’aristocratica dimora in cui ha vissuto, nonché compagno di giochi sin dalla più tenera infanzia. Sullo sfondo di un paese attraversato dalla seconda guerra mondiale, con le taglienti immagini di una storia minore – quella dei giapponesi deportati nei campi di concentramento -, si snoda un amore fatto di tempi sbagliati, orgoglio malcelato e ferite da curare, ma al tempo stesso indistruttibile, che trascende ogni difficoltà e vive in eterno nel cuore e nei ricordi degli amanti.

RECENSIONE

Isabel Allende è sempre molto brava a creare donne dai tratti indimenticabili e anche in questa occasione non ha deluso: Alma Belasco è tutto tranne che banale. Ormai ottantenne, si è ritirata a vivere a Lark House, una dimora per la terza età dove però non ha rinunciato a esprimere la personalità indipendente che l’ha caratterizzata per tutta la vita.
Noi lettori abbiamo accesso alla sua storia grazie a Irina Bazil, una ragazza moldava che inizia a lavorare presso la struttura e che presto entra nelle grazie dell’anziana matriarca dei ricchi Belasco. Irina e il nipote di Alma, Seth Belasco, sono incuriositi dalle sue stravaganze e decidono perciò di provare a mettere insieme – grazie a racconti e documenti – il passato della protagonista. Ebrea polacca, affidata giusto in tempo dai genitori agli zii Belasco di San Francisco; forte, testarda, un po’ egoista; appassionata, artista, ribelle e di certo “femminista”… A me per molti aspetti ha ricordato la stessa Isabel Allende, ho trovato molte somiglianze con la rappresentazione che di sé dà l’autrice in Donne dell’anima mia. D’altronde le protagoniste della Allende sono sempre caratterizzate da uno spirito vitale (e sì, femminista) che le porta a vivere grandi avventure. L’avventura di Alma si chiama Ichimei Fukuda e l’ha accompagnata per decenni, prima come amico d’infanzia, poi come primo grande amore e per la vita come amante segreto. Pacato, riflessivo, rispettoso, il contrario di lei in tutto e per tutto. Eppure il loro amore è sopravvissuto a matrimoni, figli, oceani e vecchiaia.

La storia di Alma e Ichimei non viene raccontata in maniera lineare, L’amante giapponese infatti alterna continuamente momenti del presente – che coinvolgono Irina, Seth, Alma e le sue antiche conoscenze – con salti nel passato. Tutte queste vicende – che coprono decenni di vita – offrono all’autrice delle ottime scuse per trattare, spesso en passant ma con ferma chiarezza, le tematiche più varie, dal piacere del sesso all’eutanasia, passando per l’omosessualità e l’aids, la pedofilia e la sindrome di Down.

Pagina dopo pagina, noi lettori possiamo anche ricostruire le vicende di Irina, scoprendo come dalla Moldavia è arrivata a Lark House e come si è formato il suo carattere nel corso del tempo. Alla fine del libro posso dire di essere riuscita a farmi un’idea (e ad apprezzare) Alma, Irina e Ichimei, mentre gli altri personaggi rimangono poco più che delle comparse nello spettacolo di cui Alma è star indiscussa. Seth, tra tutti, si mostra molto poco, pur non essendo un personaggi di poco conto; capisco d’altra parte che probabilmente l’intenzione dell’autrice fosse quella di lasciare tutto lo spazio alla regina dei Belasco.

Nel complesso il romanzo non mi ha delusa, anche se devo ammettere che l’ho trovato un po’ troppo narrativo e troppo poco dialogico: quasi tutte le informazioni che possiamo raccogliere sui personaggi e sulle loro storie ci arrivano attraverso il narratore esterno, che spesso realizza dei “racconti nel racconto”. Avrei preferito sentire di più la voce dei personaggi, a mio parere avrebbe dato più personalità al libro, più calore. Così, invece, mi è parso un po’ freddo.

L’amante giapponese è in ogni caso un buon romanzo, ma per ora il primo libro della Allende che ho letto – ovvero La figlia della fortuna – rimane il migliore.

Avete già letto questo libro? Conoscete l’autrice? Cosa ne pensate?

Alex


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