RECENSIONE: I giardini di Amalia di Bianca Monti
TITOLO: I giardini di Amalia
AUTRICE: Bianca Monti
PAGINE: 90
EDITORE: CTL Livorno
TRAMA (redatta da Adelaide):
Amalia è ancora piccola quando fa amicizia con Salvatore, un bambino – figlio di un calzolaio – che tutti chiamano Sasà. Un’amicizia nata giorno dopo giorno, iniziata con la timidezza tipica dei bambini: lui rimaneva per ore dietro al cancello ad osservare Amalia, mentre lei si divertiva a salire sugli alberi e a fissarlo da lì. Sarà Amalia a decide di fargli di scavalcare il cancello.
“Diventiamo amici?” gli chiese una mattina con la testa costretta tra le sbarre del suo impero. “Che vuol dire essere amici?” domandò Sasà. Amalia non conosceva il significato esatto di quello che aveva appena detto, ma ostentando una sicurezza che non le apparteneva, rispose con la prima cosa che le venne in mente: “Gli amici sono quelli che scavalcano il cancello.”
Il loro rapporto crescerà nel tempo, la loro amicizia si farà più sincera negli anni dell’adolescenza e della giovinezza. Quando ci sarà da scoprire un mondo e affrontarne i dispiaceri inaspettati troveranno conforto l’uno nell’altro. Un’intesa che potrebbe trasformarsi in amore, se solo…
Gli anni del liceo per Amalia saranno determinanti per la formazione del suo carattere; dopo un’esperienza come la sua, d’altronde…
Ai due personaggi principali si aggiungerà Pamela, la svampita compagna di classe di Amalia, che riserverà al lettore un sorprendente risvolto.
RECENSIONE
I tanti puntini di sospensione che ho usato per parlare della trama sono determinati dalla voglia di non svelare nulla di questo intreccio molto bello.
Il romanzo ha tre colpi di scena fondamentali e la storia – proprio per questo – a mio giudizio meritava molte più pagine (per quanto ami la sintesi, in questo caso l’approfondimento non avrebbe guastato). Infatti, nonostante sia obiettivamente bella la trama e per quanto sia scorrevole e ben scritto il libro, a me è mancato un po’ di pathos. L’incipit di tipo descrittivo (e non in media res, ad esempio) è premonitore del prosieguo. La storia, importante per gli accadimenti, risulta “troppo raccontata”, cioè osservata da un punto di vista talmente esterno da far mancare l’immersione più profonda. Provo a spiegarmi meglio: da lettore ho ascoltato il narratore come fossi al di qua di un vetro. E voglio usare le stesse parole dell’autrice che per un attimo sembra prendere coscienza del limite imposto da lei stessa a questo romanzo: “Il percorso affrontato da Sasà in Germania, raccontato così, sembra semplice, non rende l’idea del peso che ogni granello di clessidra ebbe su di lui…”
In particolare, ciò che accade dopo la festa tra Gianni (un nuovo ragazzo entrato nella comitiva) e Amalia è uno di quegli eventi meritevoli di più pagine.
E ancora: “Dopo varie insistenze sono riuscita a convincere il narratore a raccontarci tutto senza omissioni, ma lui, riluttante ed enigmatico, non ci ha concesso di più di quanto segue”. Convinta fin qui di avere ascoltato un narratore onnisciente, in questo paragrafo scopriamo che c’è un altro narratore che ha fatto da intermediario tra lei (l’autrice) e la storia; di tale narratore non sapremo altro.
In ogni caso le mie osservazioni potrebbe essere solo una questione di gusto personale. Il romanzo, senza dubbio, è interessante e merita la lettura.