IN MILLE PAROLE #15: Lo Scotto e l’Inghilese di Aedeone

Buongiorno a tutti!
Pronti per scoprire la classifica della quindicesima edizione del concorso In mille parole? Questo mese, devo ammetterlo, diversi racconti hanno raggiunto un punteggio piuttosto simile e si sono contesi gli ultimi due gradini del podio fino all’ultimo. Il primo classificato, invece, ha conquistato immediatamente tutti, dimostrando fantasia, abilità tecnica e un’ottima capacità di citazione 😉

1. Lo Scotto e l’Inghilese di Aedeone
2. La strategia dello spaghetto di Adelaide Pellitteri +
Per un pugno di pasta di Antonio Di Cesare
3. L’amatriciana di Anna Maria Scampone
 
Qui sotto trovate il racconto integrale del vincitore, mentre per leggere tutti i testi dell’edizione potete cliccare QUI.

A Tortiglioni, ridente cittadina costruita a forma troncoconica spiraliforme per via dei campi di pomodoro da ragù sparsi ovunque, l’intero paese è alle prese con un evento di proporzioni straordinarie: il torneo “primo pantagruelico”. La gara del mangione (come amano definirla per dispregio i paesi vicini, invidiosi per la portata planetaria dell’evento) si svolge ogni anno tra il 21 maggio e il 21 giugno e consiste in una serie di testa a testa ad eliminazione diretta tra i contendenti con l’obiettivo di mangiare quanti più primi piatti possibile (che vengono serviti senza sosta). “Eliminazione diretta” non è un eufemismo perché chi perde normalmente finisce in ospedale per sopraggiunti limiti gastrointestinali.
Oggi è il giorno della finale.
 
***
 
Tra le viuzze di Tortiglioni si aggira uno strano personaggio con indosso una veste rossa e per copricapo una corona d’alloro; di statura media e reso curvo dall’avanzare dell’età, la sua carnagione scura copre parzialmente i lineamenti spigolosi del lungo volto resi caricatura dal naso aquilino e dai grandi occhi. Nonostante l’incedere lento e stanco, emana un’aura di regalità e incute rispetto al solo guardarlo.
Lo strano personaggio si ferma perplesso ad un incrocio; avvicinandosi ad un uomo in uniforme che pare controllare lo sporadico andirivieni di veicoli, sbircia il nome sulla mostrina della divisa e domanda:
«Mi scusi agente Stroke, mi può indicare la strada per la piazza centrale del paese?»
«Certo buon uomo, ma tutti qui mi chiamano Benjamin…»
«Bene Benjamin, grazie. Dovrei recarmi in Piazza della Pasta.»
«Oh, è semplicissimo. Dopo questo incrocio giri per via Barilla, prosegue per due isolati e alla rotonda De Cecco si incanala alla quarta uscita, corso Voiello, poi sempre dritto per tre traverse (vicolo Rummo, viale Granoro e corso Divella) e alla successiva curva (denominata La Molisana) sbuca in Piazza della Pasta»
«Ehm… bene, grazie Benjamin, sono certo di avere la memoria mostruosa e ricorderò il tragitto. Buona giornata!»
Alla parola “mostruosa”, l’agente Stroke, trasecola, ma finge indifferenza e congeda il forestiero.
 
***
 
La piazza è gremita. L’attesa della folla urlante in estasi per la finale del Pantagruelico è terminata. Dal pulpito un distinto signore in veste rossa e una corona di alloro sulla testa, in qualità di arbitro e giudice supremo della contesa, pone in alto le mani e si presenta:
«Signore e signori, benvenuti a riveder le stelle! Sono Dante, accorciativo di Durante, perseverante essere ostinato destinato alla ricerca di sé, ma spesso m’imbatto néi ma, nèi miei. Oggidì non ho altresì dubbio alcuno e senza se, senza ma e senz’indugio vi presento i due campioni:
Lì si vedrà la superbia ch’asseta,
che fa lo Scotto e l’Inghilese folle,
sì che non può soffrir dentro a sua meta. (*)
Ancora una volta la finale del torneo è appannaggio di cittadini adottivi, due stranieri i cui confini di casa stavano stretti e sono giunti a noi per incrociare le loro forchette. Quest’anno non sarà solo una sfida di “primi pantagruelici”, ma sarà una carrellata di spaghetti fino a che stramazzo non li separi.»
In quell’esatto momento salgono sul palco due omoni dalle sembianze grottesche: il primo, alla sinistra di Dante, è alto con il corpo di un gigante, spalle larghe e ossatura grande, con pancia sproporzionata, fianchi lunghi e lo sguardo selvaggio; il viso dipinto con i colori della bandiera scozzese. Il secondo, alla destra di Dante, è basso e tarchiato, dal viso tondo e rubicondo, vestito che pare uscito dalla corte al ballo nel castello di Re Artù; nessun dipinto sul volto, ma due gote grosse e rosse striate sullo sfondo del viso color bianco latte fanno da contrasto che paiono la bandiera dell’Inghilterra.
«Alla mia sinistra si erge in tutta la sua maestosità lo Scotto: il suo nome è Emon, meglio conosciuto come “lo spaghetto del ghetto”, che ama Triciana, ma fa il filo alla Gricia (sue spasimanti Tortiglionesi). Alla mia destra il piccolo, ma regale Inghilese dalla feroce nomea: Blair, dai più soprannominato “bigolo”, che proviene dalla stirpe dei Wallace, ma Tortiglionese adottivo da parte di nonna e sedicente discendente di Re Edoardo I.»
«Che la contesa abbiamo inizio, lasciate ogni speranza, voi ch’entrate»
Nel bel mezzo del cammin di nostra vita mai vedemmo due siffatti finalisti divorar con tal passione ogni sorta di spaghetto che gli si parava dinnanzi: carbonara, amatriciana, alla bolognese, cacio e pepe, con le vongole, puttanesca, boscaiola, aglio olio e peperoncino, all’assassina, ubriachi e, orrore degli orrori per l’italico popolo, con polpette.
Furono ore di furore agonistico, piovvero spaghetti dalle fumanti cucine come se non ci fosse un domani e i due finalisti fecero più che onore al nome del torneo.
Arrivati allo stremo della forza della panza, il giudice banditore dichiara la portata finale: il famoso primo piatto “senza infamia e senza lode”: lo spaghetto in bianco, il terrore di tutti i banchettatori!
«Che sia servita l’ultimo primo della finale dell’anno a cui aggiungeremo un quoziente di difficoltà ulteriore portando la cottura dello spaghetto oltre i limiti consentiti!»
Nessun uomo che aveva in precedenza calcato il palco del “Primo pantagruelico” aveva mai osato anche solo pensare ad una tortura di questo livello, ma i due attuali finalisti erano uomini duri già provati da esperienze ben superiori a quella dello spaghetto scotto.
 
***
 
Scotto. Fu un segno del destino.
Lo spaghetto scotto decretò il vincitore: l’Inghilese dovette pagare lo scotto allo Scotto che si aggiudicò la contesa.
A Dante non restò che lasciare che la folla in delirio portasse in trionfo Blair “bigolo” Wallace al grido di «L-O S-P-A-G-H-E-T-T-O È S-C-O-T-T-O» che fu il canto intonato per tutta la notte tra le vie di Tortiglioni in onore del suo vincitore: lo Scotto.
 
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La Divina Commedia di Dante – Paradiso, Canto XIX. Parafrasi del passo citato: Lì si vedrà la superbia che alimenta la sete di potere e che rende folli i re di Scozia e d’Inghilterra (Edoardo I), che non sopportano di stare entro i propri confini (facendosi guerra).

L’autore non ama dare molte informazioni su di sè, perciò vi basti sapere questo: Aedeone è nato per gioco in un gioco sul web. Aedeone scrive da sempre, da sempre ovunque ed in modo assolutamente casuale ed inaspettato.

Trovate QUI le sue opere disponibili su Amazon.


Cosa pensate di questo racconto? Vi è piaciuto?
Alla prossima edizione!

Alex

autori emergenti, concorso letterario, Racconti brevi

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