RECENSIONE: Il nodo di Windsor di S.J. Bennett

TITOLO: Il nodo di Windsor
AUTRICE: S.J. Bennett
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 352

TRAMA:
Al Castello di Windsor, dimora preferita dalla regina Elisabetta, il figlio Carlo organizza un evento per una raccolta fondi a scopo umanitario. La serata è allietata da un paio di ballerine e da un talentuoso e affascinante giovane pianista russo che si rivela essere anche un abile ballerino. Tra gli invitati non mancano governatori, uomini di alte cariche accompagnati dalle consorti, il miliardario Pejrovski con la sua bellissima moglie, e l’architetto di fama mondiale Meredith Gostelow. Proprio l’architetto, sebbene donna non più giovanissima, a fine serata si esibisce in un sensuale tango con il pianista. 
Il risveglio al castello non sarà dei più felici per la regina: il giovane pianista è stato trovato morto nella sua camera, dentro un armadio, mezzo nudo, legato in una posizione alquanto equivoca con la cinta della vestaglia annodata in modo singolare: il nodo Windsor.
Per seguire l’indagine scendono in campo i servizi segreti che, tenendo conto della cittadinanza del morto, punteranno le ricerche verso il complotto ad alti livelli, per mano di Putin.
La regina, da sempre attenta osservatrice, comprende che la traccia da seguire è un’altra. Peccato però che lei non possa intromettersi nell’operato di chi si occupa della sua sicurezza a livello internazionale; dovrà per questo muoversi con cautela, facendo la propria ricerca con l’aiuto di un ex capo della polizia e dalla sua assistente, Rozie Oshodi, una giovane donna che porta sempre gonne attillate, tacchi altissimi e che, per lei, si trasformerà in un’abile spia.

RECENSIONE

Il giallo comincia con “Era una giornata di primavera. L’aria era fresca e limpida, il cielo blu striato… Quale miglior balsamo per l’anima di un mattino irradiato di sole…” Rimango sorpresa. È un inizio alquanto demodé per noi che ormai prediligiamo l’incipit in media res, ma tant’è: proseguo con la lettura.
Sorvolando su alcune inezie e frasi che abbisognano di una seconda rilettura (dipendenti con molta probabilità da una traduzione troppo fedele), il testo si rivela intrigante.
Devo ammettere che ciò che più mi ha colpito di questo giallo non è stata tanto la rivelazione dell’assassino, quanto l’idea originale di fare risolvere il caso alla regina Elisabetta (personalmente non conosco altri gialli le cui indagini siano affidate a una persona tanto nota).
La sovrana – chiamata simpaticamente la Boss dal personale a lei più vicino – si rivela un’intelligente investigatrice, nonché abile a destreggiarsi con il personale che le sta perennemente incollato addosso per evitarle ogni fastidio e preoccupazione. La parte vera del giallo per me è stata questa.
Tra i personaggi che maggiormente emergono troviamo Simon, il maggiordomo della regina. Questi, nel riportarle le notizie, cerca sempre di usare un linguaggio cauto e protettivo per non scombussolare Sua Maestà; impegnato in una sorta di continua protezione sembra ignorare che la donna, al governo da numerosi decenni, sia capace di reggere molto più che una semplice corona sul capo.
Astuta e intuitiva, Elisabetta II batte le migliori menti a sua disposizione, ma il ruolo che riveste le impedisce libertà di movimento. Un aspetto, questo, che fa riflettere sul mito di onnipotenza dei regnanti, in realtà impediti in tutto. 
L’indagine, con grande preoccupazione anche del principe Filippo, vedrà tra i sospettati perfino il personale “storico” del castello; da qui la minaccia del discredito, la diffidenza, il timore di finire in pasto ai tabloid.
Non siamo davanti a un giallo dello stile di Jeffery Deaver, né simile a quelli di Jan Fleming; non si tratta di un giallo d’azione.
Per dipanare l’intrigo abbiano una cabina di regia, gestita – per l’appunto – da Elisabetta II, e la manovalanza di due fedeli sudditi che si muoveranno all’esterno.
Anche il personaggio di Rozie, la segretaria trasformata in una spia, ha un ruolo ben definito e non solo come esecutrice di ordini. Ex bancaria, con un passato nella Reale artiglieria, la giovane donna anticipa gli stessi suggerimenti della regina, riuscendo a muoversi con un minimo di libertà grazie bugie e scuse architettate ad hoc, raggirando soprattutto Simon, suo diretto superiore dopo la regina.
Il personaggio di Elisabetta regina-investigatrice risulta credibile, come credibile risulta il temperamento che scaturisce dai dialoghi, un tono sempre calmo e garbatamente accondiscendente ma mai succube. Una donna che ha saputo tenere ben salde le redini di un regno quando il mondo è cambiato in tutto e dappertutto, deve avere per forza un’intelligenza superiore.
Lettura molto gradevole.

Adelaide J. Pellitteri


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