RECENSIONE: Non è per snob di Leopoldina Pallotta della Torre

TITOLO: Non è per snob
AUTRICE: Leopoldina Pallotta della Torre
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 372
TRAMA:
Basta indagare un po’ nella storia per capire che le buone maniere non sono mai state un rituale superficiale per aristocratici d’antan o, come dicono alcuni, «roba da snob». Al contrario, il vero snob non ha buone maniere, perché esse impongono prima di tutto di accogliere il prossimo e metterlo a suo agio. Ogni società in ogni epoca ha dovuto insegnare ai suoi cittadini il modo in cui comportarsi correttamente; da che mondo è mondo, il bon ton è sempre stato uno strumento prezioso per rapportarsi agli altri e vincere la nostra ansia sociale. Inoltre, come dice la guru dell’etichetta Emily Post, le maniere fanno parte della nostra personalità e dunque contribuiscono a definirla. Essere beneducati ci rende più eleganti, più altruisti e, di conseguenza, più graditi agli altri.

 

RECENSIONE

Ringrazio la Mondadori per la copia ebook che ci ha inviato; purtroppo devo subito ammettere che questo libro non mi ha appassionata più di tanto, anzi… l’ho trovato un po’ pesante.
Procediamo con calma, partiamo dall’inizio.

L’autrice, Leopoldina Pallotta della Torre, è specializzata in giornalismo culturale e di costume, ha collaborato con La Repubblica, La Stampa, Panorama e Amica. Negli anni ’90 si è trasferita in Germania, dove ha lavorato come drammaturga e poi come assistente personale del regista Peter Zadek. Ha pubblicato un libro di dialoghi con Marguerite Duras e un romanzo, Non essere triste. Dice di frequentare da sempre le maniere.

L’introduzione di Non è per snob mi ha molto incuriosita e mi ha fatto ben sperare: l’autrice sostiene di voler parlare di buone maniere perché esse sono indispensabili per garantire il vivere civile, per permettere alla società di stare in piedi o – come direbbe l’autrice stessa – per far camminare la società a testa alta, bella e fiera. Secondo Leopoldina Pallotta della Torre insegnare alle persone come comportarsi bene con il prossimo è fondamentale, per lei le buone maniere sono un potente strumento per istruire le persone alla gentilezza e all’altruismo, un mezzo per edificare un mondo migliore. Questa presentazione del bon ton mi ha colpita in positivo, perché io credo che di gentilezza e altruismo ci sia un gran bisogno, il rispetto e l’educazione non sono mai abbastanza. 
Cosa mi aspettavo perciò da questo testo? Consigli e istruzioni su come comportarsi bene con gli altri per migliorare la nostra società, consigli più o meno pratici su situazioni di vita quotidiana. 
Qui però, a mio parere almeno, sta il difetto di questo libro: in realtà non è affatto pratico, quotidiano e vicino alla normalità. Non c’entra l’obiettivo che l’autrice si è prefissata nell’ouverture. 
Una delle premesse della Pallotta della Torre è che le buone maniere non sono per snob… peccato che in diversi punti del libro passi proprio questo messaggio: le buone maniere, così come vengono raccontate e descritte, spesso sono proprio per snob. O quantomeno per principi, principesse e discendenti di famiglie nobili. Non di certo per noi comuni mortali
Mi spiego meglio: qual è l’utilità di illustrare ai lettori come si partecipa a una cena di gala a Windsor? La maggior parte delle situazioni prese come esempio in questo libro sono fuori dalla portata di quasi tutti noi. Avete presente le cene a cui viene sempre invitato Poirot nei libri di Agatha Christie? Dodici sconosciuti alto-borghesi o nobili di inizio Novecento che consumano un lungo pasto nella più totale formalità parlando della pioggia (con Poirot poi muore sempre qualcuno, ma sorvoliamo su questo dettaglio): quando mai noi ci possiamo ritrovare in un contesto simile?

Questa considerazione, ahimè, vale per tre quarti del libro. Gli unici capitoli che mi sono parsi veramente utili e applicabili – anche se impostati con uno stile fin troppo pedagogico – sono gli ultimi, ovvero quelli dedicati al comportamento in famiglia e sul web. 
Da tenere bene a mente è invece un ammonimento che l’autrice ci lascia nelle ultime pagine: la peggiore delle cattive maniere è immaginare che le buone maniere siano solo quelle del proprio Paese. Questo sicuramente rientra tra i messaggi positivi che questo testo riesce a trasmettere: mai peccare di egocentrismo; dovremmo sempre cercare di avere una prospettiva meno occidentalocentrica.

In questo manuale – perché alla fine è proprio un manuale di buone maniere – vengono trattati diversi aspetti del vivere civile, dall’abbigliamento ai pasti, dai viaggi alla conversazione, dai saluti al web.
Ribadisco che – sempre a mio parere – quest’opera per tre quarti manca di calore, di vicinanza al lettore, di pragmatismo. 
Le sezioni che ho trovato più interessanti sono quelle dedicate alle curiosità su luoghi e personaggi: lo sapevate che la regina Vittoria si ingozzava a tavola? E che in Cina nelle serate eleganti provano in tutti i modi a farvi ubriacare? Ecco, questi aneddoti, divertenti, più leggeri, facilmente memorizzabili, sono forse la parte più piacevole del libro.

Probabilmente mi sono un po’ annoiata nella lettura perché mi aspettavo altro, qualcosa di più concreto, qualcosa che potesse essere utile nella quotidianità. Anche perché, onestamente, volendo parlare di rapporti sociali e di come si “salva la faccia”, preferisco leggere Goffman.
Consiglio questo libro solo a chi è specificatamente alla ricerca di un classico manuale di buone maniere – o a chi aspira a partecipare al prossimo ricevimento di HMTQ.

Voi cosa ne pensate? Vi ispira?

ALEX

Mondadori, recensione

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