RECENSIONE: Hide di Kiersten White

TITOLO: Hide
AUTRICE: Kiersten White
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 216

TRAMA:
La sfida: trascorrere un’intera settimana a giocare a nascondino, dal sorgere del sole al tramonto, in un parco divertimenti abbandonato da decenni e fare di tutto per non essere presi (da chi non è dato saperlo). Il premio: denaro a sufficienza per rivoluzionare completamente la propria vita. Anche se gli altri concorrenti sono determinati a vincere – per ritagliarsi un futuro da sogno o sfuggire a un passato che li perseguita -, Mack è sicura di poterli battere tutti. In fondo, ciò che deve fare è nascondersi e lei, fin da bambina, non fa altro. Anzi, è proprio questa la ragione per cui è ancora viva mentre la sua intera famiglia è morta. Ma, quando capisce che l’eliminazione dei concorrenti nasconde qualcosa di sospetto, Mack comprende che il gioco è molto più sinistro di quanto potesse immaginare e che per sopravvivere sarà necessario unire le forze…

RECENSIONE

Mi piace leggere romanzi YA, forse per rimanere in contatto con il mondo giovanile, forse perché riescono spesso a esprimere contenuti profondi senza eccedere nel dramma o nel morboso, forse anche perché ammiro gli autori che si dedicano ai lettori più giovani… chissà.

Hide inizia non proprio in modo leggero: la nostra protagonista, reduce da una tragedia familiare, come si intuisce ben presto, è ridotta dall’indigenza a vivere di notte in un ricovero e di giorno a rifugiarsi dove può, in attesa di poter rientrare al ricovero, una notte dopo l’altra. Un giorno viene convocata per un colloquio in cui la invitano a partecipare a un gioco, forse un reality show, con in palio un premio di 50.000 dollari. L’idea sembra allettante, non fosse che Mack, così si chiama la nostra protagonista, ha vissuto un’esperienza drammatica che ricorda da vicino le dinamiche del gioco che le è stato proposto, in cui l’unica richiesta fatta ai giocatori è quella di nascondersi il più a lungo possibile: l’ultimo a essere trovato sarà il vincitore. Il ricordo è troppo doloroso e Mack sta per rinunciare, ma tornando al ricovero scopre che la sua roba è stata gettata via… e finisce per lasciarsi allettare da una settimana di vitto e alloggio gratuito offerta dagli organizzatori del gioco. E poi, perché no, potrebbe anche vincere: a nascondersi è molto brava…

Le tematiche toccate da questo romanzo sono molte e profonde: disagio giovanile, violenza domestica, un mondo del lavoro respingente e stantio, malgrado le nuove professioni… Anche l’ambientazione ha un suo indubbio fascino, con la storia del vecchio Luna Park fatiscente e pericoloso, che non è una semplice storia di abbandono a forze oscure e malvage, ma molto di più…

È doveroso dire che l’autrice ha scelto tutti gli ingrediente giusti per creare una storia interessante, anzi appassionante e che all’inizio coinvolge e trascina, con le vicende dei giovani protagonisti tutte più o meno sfortunate e con ragazzi che sembrano essersi dati appuntamento per questa strana sfida quasi per caso, scelti da un destino crudele e beffardo; fino ad un certo punto del romanzo la lettura procede veloce in attesa degli sviluppi, degli inevitabili colpi di scena che simili premesse ci fanno pregustare. Ebbene, niente di tutto questo, perché quando finalmente si entra nel vivo della storia i colpi di scena sono “telefonati”, le cause di tanto orrore spiegate in un modo che alla fine risulta essere piuttosto approssimativo e poi, secondo me, su tutto risalta un difetto principale: a parte qualche brivido Hide non fa paura, e questo per un horror secondo me è imperdonabile. Non voglio entrare nei dettagli ma ecco, diciamo che di Piccoli brividi ne ho letti tanti e credo di poter parlare con cognizione di causa.

Riassumendo, quindi, direi una lettura interessante per la critica sociale – che per quanto mi riguarda in un horror non dovrebbe mai mancare, ma purtroppo l’autrice a mio parere non riesce a portare a termine il romanzo chiudendo in modo soddisfacente il complicatissimo cerchio narrativo che ha costruito. Come lettrice mi sono trovata un po’ con un pugno di mosche, tradotto in altre parole mi rimangono decisamente troppe domande senza risposta o con risposte confuse che forse è anche peggio, perché erano davvero domande con un certo potenziale e invece si spreca parecchio tempo con riflessioni introspettive dei personaggi di per sé interessanti ma decisamente troppo ripetitive. Tanto rumore per nulla, se vogliamo citare il Bardo. Per non parlare del finale aperto che a me non dispiace come idea, ma dopo tutte quelle questioni rimaste insolute, porre ulteriori domande su cosa succederà è decisamente troppo per una povera lettrice indifesa: almeno un finale chiaro e netto avrebbe messo un punto fermo alla questione senza farmi voglia di telefonare all’autrice e chiederle due o tre chiarimenti.

Alice Croce Ortega

horror, Mondadori, recensione, Young Adult

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