RECENSIONE: Direzione ipotenusa di Mirca Ferri

TITOLO: Direzione ipotenusa
AUTRICE: Mirca Ferri
EDITORE: PAV Edizioni
PAGINE: 160

TRAMA
Torna Melissa e la sua incapacità di trovare un equilibrio stabile nella sua vita. L’adolescente scanzonata innamorata dell’amore dovrà, nuovamente, confrontarsi con gli spettri del suo passato e, nel suo percorso per divenire donna, affronterà altre problematiche legate alla vita dell’essere umano, sia come persona, che come figlia e infine amante. Nuovi ed intriganti ingressi sia femminili che maschili arricchiranno le sue vicende, dove, al centro di esse, resisterà instancabilmente un incessante triangolo scaleno desideroso di raggiungere la rettitudine. Melissa canta la sua vita e quella di coloro che la popolano con poetiche frasi di speranza e assoluta certezza nei veri sentimenti, che l’accompagneranno fino alla sua, ultima, estrema, decisione.

 

RECENSIONE

Direzione Ipotenusa è il secondo romanzo di una trilogia, iniziata lo scorso anno con Lati Scaleni. In questo seconda opera ritroviamo i personaggi che già ci vengono presentati nel primo volume, abbiamo perciò ora la possibilità seguire lo sviluppo delle loro vicende e delle loro relazioni. 

Melissa, la protagonista, è molto più di un piccolo casino: indecisa, spesso fragile e vittima delle pressioni altrui, fatica a determinare con precisione non solo la sua strada nella vita, ma anche i confini delle sue relazioni interpersonali. Soffre il peso della società e soffre nei rapporti con gli altri. Genitori, amici, ragazzi… difficilmente Melissa riesce a prendere posizione e a farsi valere. Nemmeno lei sa esattamente per cosa battersi. Di solito gli adolescenti alla ricerca di se stessi sono tra i miei personaggi preferiti; in questo caso però, purtroppo, Melissa mi ha irritata molto. Troppo lunatica, troppo emotiva, troppo indecisa su tutto. Nel corso del romanzo ogni cinque pagine cambia idea e non riesce a rimanere ferma su alcun tipo di decisione. È semplicemente in balia degli altri, una barchetta di carta dispersa in un oceano in tempesta.
Nessuno dei personaggi, in realtà, ha conquistato la mia simpatia: non ho trovato nessuno in cui rispecchiarmi e nessuno in grado di portare avanti valori realmente positivi e condivisibili. 

Rispetto al primo volume qui gli anni passano piuttosto in fretta e possiamo seguire la crescita dei personaggi… crescita quasi solo fisica, perché emotivamente continuano a essere dei ragazzini e continuano a comportarsi come tali. Sul finale si presentano alcune eccezioni.
Sinceramente ho trovato un po’ esagerato il degrado morale di alcune figure.
Il tradimento è la prassi per ogni coppia presente nel libro, visto che tutti “fanno le corna” ai rispettivi compagni, ragazze e ragazzi in egual misura. Un tradimento risulta significativo nel caratterizzare un personaggio quando viene giustificato, quando si dà spessore all’evento, quando rappresenta la cifra specifica di un individuo, quando è un comportamento ripetuto per un singolo soggetto e lo identifica in modo chiaro, quando è causa di sofferenze… Una continua e diffusa ripetizione di questo gesto per tutti i personaggi li priva di specificità. Almeno a mio parere. 

Le vicende sono narrate in terza persona, con un narratore (quasi) onnisciente. Qui ho trovato due elementi che non mi hanno convinta molto.
Primo: personalmente non apprezzo molto quando il narratore anticipa spesso eventi futuri, con frasi del tipo “Lei ancora non sapeva cosa sarebbe successo…” (esempio inventato), semplicemente perché mi risulta difficile collocare chiaramente gli eventi nel tempo e perché mi toglie il gusto della sorpresa. Un narratore che sa sempre troppo non mi fa impazzire.
Secondo: non amo i narratori che raccontano i personaggi senza lasciar mai loro la possibilità di esprimersi, non mi piace quando i dialoghi vengono riportati come riassunti e quando il narratore fa lunghi resoconti delle vicende. In Direzione Ipotenusa accadono troppe cose e su nessun evento ci si può soffermare a lungo. E questo secondo me è un peccato, perché l’autrice ha inserito nella storia alcune tematiche che mi sarebbe piaciuto poter approfondire: si parla di anoressia, di dipendenza, di amicizia, di pressioni sociali, di crescita, di accettazione di sé… ma si corre in tutto e su nulla si riflette il dovuto. Sono tanti spunti, poco sviluppati.
Inoltre questo passare in rassegna gli eventi non mi ha permesso di ricreare un’immagine completa e complessa dei personaggi, non sono riuscita a comprenderli e a entrare nella loro testa e nel loro cuore.


Lo stile di Mirca Ferri non è male, vivo e colloquiale, però un lavoro di editing più attento sarebbe stato utile: spesso si trovano ripetizioni, modi di dire forse troppo spontanei e poco chiari (per un lettore estraneo), qualche errore di punteggiatura… Insomma, un buon editing avrebbe potuto pulire il testo da errori che spesso un autore fatica a correggere da sé (peccato, perché il primo volume è stato curato molto di più). 

Ho apprezzato particolarmente le citazioni a poesie di diversi autori inserite alla fine di ogni capitolo (e come titolo ai capitoli).

In generale mi aspettavo di più. 

Fatemi sapere cosa ne pensate e se lo leggerete aspetto di sentire anche il vostro parere 🙂 

ALEX

Il post originale, pubblicato sul nostro precedente sito, fu molto discusso: QUI trovate tutti i commenti che vennero lasciati.

autori emergenti, PAV Edizioni, recensione

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