Il Diario di Anna Frank è un falso? Faurisson dice di sì.

Le camere a gas non sono mai esistite; sei milioni di ebrei non sono mai morti – sono solo emigrati; il Diario di Anna Frank è un falso; l’Olocausto è un’invenzione dei sionisti. Queste sono alcune delle posizioni sostenute dagli autori “revisionisti” – come si descrivono loro – della Shoah. Per il resto del mondo sono semplicemente dei negazionisti (un po’ complottisti, perché dove c’è negazione il ricorso al complotto si rivela sempre necessario). Quest’anno per la Giornata della Memoria ho deciso di preparare un articolo un po’ diverso dal solito: non parleremo infatti di un romanzo a tema, bensì di un saggio – L’irritante questione delle camere a gas di Valentina Pisanty – e in particolare dei tentativi dei negazionisti di smontare la validità di un testo che ha fatto sia la Storia che la storia della letteratura… Sto parlando, chiaramente, de Il diario di Anna Frank. Il negazionista protagonista di questo articolo è Robert Faurisson, che si è cimentato nella (fallimentare) impresa di smentire in tutti i modi l’autenticità del diario in questione.

Chi è Robert Faurisson?

Faurisson – morto nel 2018 – fu professore di lettere alla Sorbona e all’Università di Lione tra gli anni ’60 e ’90, nonché critico letterario dal metodo (fin troppo) corrosivo e dall’atteggiamento patologicamente maniacale. Cosa sosteneva, in breve, Faurisson come critico di opere letterarie? Per lui tutte le interpretazioni realizzate da altri critici prima di lui… semplicemente erano sbagliate. Tutte. Per Faurisson ogni testo aveva una sola possibile interpretazione corretta… ed era la sua. Solo lui era in grado di coglierla. Si considerava – citando il libro di Pisanty – un interprete-eretico investito della missione di strappare i veli a una realtà tenuta celata per troppo tempo. Celebre ma innocua è, per esempio, la sua bislacca interpretazione della poesia Voyelles di Rimbaud: per Faurisson è tutta da decifrare in chiave sessuale.
Con il passare degli anni Faurisson divenne sempre più fondamentalista ed ermetico nella sua attività interpretativa, finché negli anni Settanta non divenne più esplicitamente negazionista, occupandosi sia di Anne Frank che di camera a gas. 

Qualche premessa sul Diario di Anna Frank

Quest’opera non fu scritta da Anna e pubblicata così com’era il giorno successivo, anzi… il Diario passò attraverso un percorso editoriale piuttosto articolato: fu scritto e poi trascritto (una seconda copia, con alcune modifiche) dalla stessa Anna, per poi passare nelle mani di suo padre dopo la guerra e in quelle di editori e correttori.  Si può addirittura sostenere che non esista un solo diario, ma più diari _ al plurale. L’opera finale che venne pubblicata differiva in parte dall’originale – e nessuno storico serio ha mai provato a negarlo. [Per chi fosse interessato ad approfondire la filologia del testo in questione, consiglio la lettura del capitolo 4 del libro di Pisanty sopracitato.]

Il Diario è un falso? Faurisson vs Eco

Il Diario di Anna Frank rappresenta, molto più di tanti saggi storicamente più accurati, uno dei simboli indelebili dell’Olocausto, per via della sua forte componente emotiva e dell’inconsapevolezza con cui fu scritto. Per questo i negazionisti nel corso dei decenni si sono impegnati molto nel tentativo di dimostrarne la falsità: per abbattere uno dei pilastri portanti dell’Olocausto nella memoria collettiva.
Nonostante fosse un critico letterario, Faurisson nei suoi attacchi al Diario commise diversi errori da principiante, primo tra tutti confondere il falso d’autore con la contraffazione: in alcune occasioni infatti il negazionista considerò l’opera come “menzognera”, ovvero scritta dalla vera Anna Frank che però ha ripetutamente e consapevolmente mentito; in altri momenti invece lo definì materialmente inautentico, ovvero scritto da qualcun altro per diffondere fandonie sui nazisti.
Umberto Eco propose [Eco, I limiti dell’interpretazione (1990)] quattro possibili categorie di “prove” che possono essere usate per smascherare i “falsi imperfetti” (per assurdo, è sempre teoricamente possibile realizzare un falso talmente perfetto da non essere mai scoperto – nella pratica però non funziona così: prima o poi i falsi si scoprono). Per non annoiarvi non vi riporterò l’intera analisi di Valentina Pisanty e tutte le contro-argomentazioni da lei portate per smontare le teorie “alternative” di Faurisson, ma mi limiterò a ricordarne qualcuna. 
Parliamo delle cosiddette prove attraverso il supporto materiale (1)… Ah, punto di partenza interessante: Faurisson ritenne superfluo fare una perizia calligrafica e un’analisi dei materiali sui manoscritti originali: lui partiva dal presupposto che fossero falsi, ma a quanto pare non ritenne mai necessario provare a dimostrarlo partendo proprio dai materiali (che sono comunque stati analizzati dagli esperti e, spoiler, sono originali dell’epoca). Per quanto riguarda altre prove materiali, secondo Faurisson, il Diario è falso perché Anne ha scritto sia in corsivo che in stampatello. Quindi, per Faurisson i contraffattori sono stati così bravi da riuscire a imitare alla perfezione la carta e l’inchiostro dell’epoca, ma così idioti da scrivere il testo con due grafie diverse. Per conoscenza dei nostri lettori: gli studenti olandesi del tempo erano abituati ad alternare corsivo e stampatello a seconda delle occasioni – come confermato da un rapporto di 270 pagine stilato dal Laboratorio giudiziario di Amsterdam su richiesta dell’Istituto nazionale di documentazione sulla guerra.
Per quanto riguarda le prove attraverso la manifestazione lineare del testo (2), Faurisson si aggrappò alle divergenze presenti tra le varie edizioni e traduzioni (olandese-tedesco): è risaputo d’altronde che le traduzioni sono sempre assolutamente identiche all’originale, no? (Infatti io non mi sono mai incazzata per alcune traduzioni oscene fatte in Italia, vero?). Un elemento che prova poi, senza ombra di dubbio, la contraffazione del Diario è che il testo tedesco analizzato da Faurisson aveva ben 1710 parole in più della versione olandese “originale”, fatto che – secondo il negazionista – prova che in realtà la versione originale del libro è quella tedesca – e che quindi il libro non è stato scritto da Anna durante la Guerra, ma da qualche altro autore dopo la fine del conflitto. 
Faurisson non ha citato nessuna prova riguardante il contenuto (3).
Il punto forte – si fa per dire – di tutta l’argomentazione di Faurisson riguarda le prove attraverso i referenti esterni (4), ovvero persone, oggetti, eventi che vengono menzionati nel testo. A un certo punto nel Diario Anna fa riferimento alle camere a gas, e qui Faurisson ha fatto i salti di gioia (il suo obiettivo è sempre stato, in realtà, proprio poter negare l’esistenza delle camere e dello sterminio): Anna, nascosta com’era in un sottotetto, non poteva sapere delle camere… E invece Storia prova che già a partire dal 1942 la BCC aveva incominciato a diffondere la notizia delle gassazioni in Polonia.
Non contento, Faurisson provò anche a sostenere che – nella remota possibilità che il testo fosse autentico – il libro fosse semplicemente pieno di bugie. Anna, insomma, avrebbe mentito. Perché? Non ci è dato saperlo. 
Al suo lavoro si possono anche sommare le attività di altri negazionisti, come Felderer, che descrissero Anna come una pazza ninfomane e per questo inaffidabile (al che qua uno sano di mente si chiederebbe: ma se il Diario non è stato scritto da Anna, cosa ci importa se lei era ninfomane? tanto non l’ha scritto lei… o no?).

Falsus in uno, falsus in omnibus

L’obiettivo dei negazionisti attraverso la contestazione dell’autenticità dei diari di Anna Frank è insinuare dubbi attorno a uno dei documenti simbolo della storia della persecuzione ebraica e sperare che il lettore estenda il proprio scetticismo a ogni altro aspetto della storia dello sterminio. La logica è quella del Falsus in uno, falsus in omnibus: se da qualche parte c’è anche solo un’imprecisione, allora è tutto – TUTTO – falso. Questa è anche la ragione per cui i negazionisti di solito isolano ogni documento (lo fanno anche i negazionisti del Covid) dal suo contesto più ampio, senza considerare che un corpus storiografico non consiste nella somma, bensì nel prodotto dei singoli testi che lo compongono e che si completano a vicenda.

Conclusione

Vi consiglio vivamente di leggere integralmente L’irritante questione delle camera a gas – Logica del negazionismo di Valentina Pisanty (mia prof.ssa di semiotica, tra l’altro): è un saggio facilmente comprensibile anche per i profani, nonché molto ben argomentato. In questo libro Pisanty parte da una breve storia del negazionismo, per poi soffermarsi su Faurisson e sui processi di negazione di alcuni famosissimi testi dell’Olocausto, come il qui affrontato Diario di Anne Frank, il rapporto Gerstein e le testimonianze dei deportati.


Spero che questo articolo vi sia piaciuto.
Lasciatemi il vostro parere o eventuali domande nei commenti.
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Alex


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Anna Frank, cultura, Olocausto, società, storia

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