RECENSIONE: Hunger Games – L’alba sulla mietitura di Suzanne Collins

TITOLO: Hunger Games – L’alba sulla mietitura 
AUTRICE: Suzanne Collins
EDITORE: Mondadori
PAGINE:  400

TRAMA:
All’alba dei Cinquantesimi Hunger Games, i distretti di Panem sono in preda al panico. Quest’anno, infatti, per l’Edizione della Memoria, verrà sottratto alle famiglie un numero doppio di tributi rispetto al solito. Intanto, nel Distretto 12, Haymitch Abernathy cerca di non pensarci troppo, l’unica cosa che gli interessa è arrivare vivo a fine giornata e stare con la ragazza che ama. Quando viene chiamato il suo nome, però, il ragazzo vede infrangersi tutti i suoi sogni. Strappato alla sua famiglia e ai suoi affetti, viene portato a Capitol City con gli altri tre tributi del Distretto 12: una ragazza che per lui è quasi una sorella, un esperto in scommesse e la ragazza più presuntuosa della città. Non appena gli Hunger Games hanno inizio, Haymitch comprende che tutto è stato predisposto per farlo fallire. Eppure qualcosa in lui preme per combattere… e far sì che la lotta si estenda ben oltre l’arena.

RECENSIONE

Parlare di Hunger Games mi suscita sempre un po’ di nostalgia: come dimenticarmi di quando a 12 anni mi sono letta tutto il primo libro in due giorni, dopo aver guardato il film? Ad essere onesta, in realtà, io ho sempre preferito i film ai romanzi, perché per quanto la storia raccontata mi piacesse, la penna di Suzanne Collins non mi ha mai esaltata particolarmente. Proprio per questo motivo ho deciso di non leggere La ballata dell’usignolo e del serpente. Il fatto che il protagonista de L’alba sulla mietitura fosse Haymitch (il mio personaggio preferito della trilogia originale) mi ha intrigata, invece, subito: mi ha sempre incuriosita l’idea di poter approfondire il suo passato così da comprendere meglio le ragioni sottostanti il suo mal de vivre e la sua dipendenza dall’alcol.

Collins ci riporta indietro nel tempo, più precisamente a 24 anni prima della storia di Katniss e Peeta, ai Cinquantesimi Hunger Games, quando, in occasione della Seconda Edizione della Memoria, Capitol City ha ordinato ai Distretti l’invio di 48 tributi, il doppio rispetto al solito. E così, accompagnati dalla voce narrante di Haymitch, ritorniamo ancora una volta nel Distretto 12.
Il romanzo ha inizio il giorno della mietitura, che è anche quello del diciassettesimo compleanno del protagonista. L’Haymitch di questo libro è ben diverso da quello che conosceranno Katniss e Peeta: è gentile, altruista, amichevole e soprattutto perdutamente innamorato della sua ragazza, Lenore Dove, conosciuta in tutto il distretto per la sua voce da usignolo e per il suo temperamento ribelle.
In seguito alla mietitura l’autrice racconta il viaggio di Haymitch a Capitol City e i giorni precedenti l’inizio dei Giochi, eventi che occupano una parte piuttosto consistente del romanzo, forse addirittura leggermente troppo lunga. Capisco la necessità di soffermarsi su alcune scene e di approfondire le dinamiche tra i vari personaggi (aspetto fondamentale per lo sviluppo poi della storia), però credo che l’autrice avrebbe potuto eliminare un paio di dialoghi poco utili.

Mi è piaciuta la scelta di farci conoscere la versione più giovani di alcuni personaggi della trilogia originale, come Effie, Plutarch, Beete, Mags, Wiress, ma anche i genitori di Katniss. Soprattutto mi è piaciuto il personaggio di Plutarch: è l’unico che sostanzialmente è riuscito a “fargliela sotto il naso” al presidente Snow per 25 anni… Non aggiungo altro per evitare spoiler.
Tra i nuovi personaggi introdotti in questo libro ad avermi convinta di più è sicuramente Maysilee, infatti ho apprezzato il modo in cui matura nel corso della storia. Inizialmente appare come viziata, superficiale ed egoista, per rivelare poi un grande coraggio, nonché temerarietà da vendere e una profonda lealtà nei confronti dei suoi amici.

Come accennato prima, la versione giovane di Haymitch che ritroviamo in questo romanzo è molto diversa dal mentore svogliato e ubriacone che conosceranno inizialmente Katniss e Peeta, e personalmente questo è un aspetto che ho apprezzato molto: è normale cambiare nel corso di 25 anni, soprattutto se si affrontano delle esperienze come quelle che Haymitch si è ritrovato a vivere.
Da una parte il ragazzo vorrebbe cercare di comportarsi bene sotto lo sguardo attento di Snow per proteggere la sua famiglia e le persone che ama, dall’altra dentro di lui arde il desiderio di riuscire a sabotare i Giochi per mostrare ai Distretti che forse è possibile abbattere la dittatura di Capitol City. Così ben presto si ritrova coinvolto in un piano che, se fosse riuscito, sarebbe stata la miccia che avrebbe potuto accedere il fuoco della ribellione. Peccato che il piano, ovviamente, non va a buon fine. È stato piuttosto triste accompagnare Haymitch nei suoi tentativi di sabotaggio sapendo fin da subito che non avrebbero portato al risultato tanto atteso.
Questo romanzo ha diversi punti in comune con La ragazza di fuoco, non solo per il piano di sabotare l’arena, ma anche per il tipo di personaggio che incarna Haymitch: esattamente come Katniss, Haymitch non sceglie consapevolmente di essere un ribelle, si limita ad ascoltare il suo istinto ed è proprio questo che lo porta ad avere determinati comportamenti che convincono altri a designarlo come volto della ribellione. È il suo essere per natura “una testa calda” a far sì che egli si ritrovi coinvolto in qualcosa di ben più grande di lui. Mi è piaciuta molto la scelta dell’autrice di rimarcare implicitamente in questo libro come Katniss non avrà nulla di particolarmente speciale, non è “la prescelta” stile Harry Potter, ma semplicemente si ritroverà a fare la cosa giusta nel momento giusto. Sarà in un certo senso forzata dai ribelli a essere il volto di una rivolta a cui lei non aveva mai pensato prima. Come spiega Plutarch alla fine del romanzo, Haymitch non ha sbagliato nulla, ha fatto tutto ciò che gli era stato chiesto. Eppure non ha funzionato. Perché? Forse perché Capitol si è rivelata troppo abile nel distorcere la realtà dei fatti. Forse i tempi non erano ancora maturi per una vera ribellione. Forse perché ha avuto sfortuna. O forse è stato un insieme di tutti questi fattori.
Haymitch sopravvive agli Hunger Games fisicamente, ma ciò che deve affrontare una volta tornato nel Distretto 12 lo distrugge completamente a livello emotivo e psicologico. Di fronte a questa situazione non trova altra soluzione che l’alcol per far tacere i fantasmi che lo tormentano. O forse si affida all’alcol perché è proprio quest’ultimo a dargli la possibilità di rivedere, almeno apparentemente, i cari che ha perso e di risentire la loro voce.

P.S. Se pensavate che la crudeltà di Snow non potesse andare oltre ciò che ha fatto passare a Katniss e Peeta, vi sbagliate di grosso: in questo romanzo Snow mostra una crudeltà senza eguali, distruggendo tutto ciò che sta a cuore a Haymitch e annientando completamente in lui per anni qualsiasi desiderio di ribellione. Insomma i tempi de La ballata dell’usignolo e del serpente in cui Snow ci è stato quasi simpatico e ci ha fatto quasi pena sono ormai ben lontani. 

Marta

Hunger Games, Mondadori, recensione

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