RECENSIONE: Sghembestorie di Valentina Luberto

TITOLO: Sghembestorie
AUTRICE: Valentina Luberto
EDITORE: Policromia
PAGINE: 146

TRAMA:
“Sghembestorie è una raccolta di racconti che hanno in comune il tratto surreale che li caratterizza, anche per questo ho deciso di introdurli con la citazione di Magritte. Ho scelto di intitolare la raccolta Sghembestorie perché è come se ognuna di queste storie abitasse un piano tutto suo, apparentemente distante dalle altre, eppure così vicino nella sua sospensione tra reale e irreale. Anche il carattere surreale dei singoli racconti, nonostante la sua impalpabilità, incide sulla parte più vulnerabile e profonda di chi li incontra; coinvolgendo sentimenti, paure, immaginazione e lasciando, a fine lettura, la sensazione e la volontà che quelle parole non svaniscano con l’ultima riga d’inchiostro, ma permangano per poterle ritrovare sempre in un angolo di sé”.

RECENSIONE

Le traiettorie scontate, rettilinee e senza colpi di scena ci appaiono noiose soprattutto nel momento in cui, noi lettori, ci apprestiamo a un’opera letteraria. A volte un po’ di fantasia e di sano umorismo ci risollevano l’animo e ci mostrano una visione della vita più ottimistica, infatti (da patita lettrice di poesie struggenti) ammetto con onestà intellettuale che alcuni libri, per via dei loro personaggi, sono un antidepressivo per chi magari tendenzialmente si intristisce. Italo Calvino, scrittore italiano molto famoso, suggeriva di osservare la realtà con leggerezza, asserendo che ciò non significa essere superficiali, bensì semplicemente costituisce un modo per avere una visione dall’alto e non portare “macigni” nel cuore. Sulla base di questo assunto Valentina Luberto si impegna nella sua pubblicazione sui generis dal titolo Sghembestorie; ho riflettuto molto sul significato di questo titolo e, soprattutto, sulla etimologia della parola “sghemba”: nel linguaggio geometrico è sinonimo di “obliqua”, cioè che non segue un’andatura dritta, ebbene i personaggi di queste storie seguono sentieri personali e inimmaginabili, apparentemente le vicende racchiuse in questa raccolta potrebbero sembrare alquanto bizzarre e puerili, ma in realtà alcuni artifici letterari sono davvero originali e, a dir poco, geniali. I protagonisti percorrono labirinti contorti disegnati solo dagli impervi sentimenti del loro cuore, ogni finale stupisce il lettore in quanto questi non può proprio “tirare a indovinare”: degli esempi sono Il caso delle X di Orso rosso, DovesiamQua, Stagione che vai, chiacchierone che trovi e In una notte come tante e nessuna. Ogni racconto nasconde una morale facendola trapelare, però, in modo divertente. I valori presenti sono innumerevoli, come l’amicizia, l’amore e il sacrificio.  In Quando il tempo farà un salto, non prima, non poi un coniglietto nero, Neo, è spesso vittima dei giudizi degli abitanti del bosco in cui vive, i quali lo giudicano senza conoscerlo e pensano che sia un mago – invece è solo amante della lettura ed è una mosca bianca; in fondo anche noi siamo ostili alla diversità e il nostro Neo sembra sospeso in un tempo e in uno spazio intimi e appartenenti a una dimensione bergsoniana e spinoziana nelle sue “affezioni”. Il motore pulsante del racconto è l’incontro con Ombretta, un’ombra solitaria che diverrà amica del coniglietto sapiente; il loro abbraccio finale commuove i lettori e lascia un segno profondo rimarcando il vero significato dell’amicizia. Valentina Luberto è un’autrice che, mediante le sue espressioni, si discosta dal “senso comune” normalmente accettato e condiviso da tutti. Per l’appunto ridisegna la mappa e la topografia dei suoi neuroni regalando a se stessa nuove sinapsi e potenti impulsi nervosi da un voltaggio differente dai “comuni mortali”, ragion per cui i suoi personaggi sono fantasiosi e devianti: per esempio in Una notte come tante e nessuna il pianista invisibile a causa di un amore perduto si stacca un braccio e suona  una melodia “sghemba” solo con un braccio e lo smemorato cavaliere sembra godere di quella eterna notte di disincanto. L’autrice ci invita a riflettere sul verbo “deviare”: spesso a questa espressione viene associata un’accezione negativa, in genere chi devia cambia strada dalla normale routine – tanto è vero che il “deviante” è anche  il criminale o il reietto sociale–, però dovremmo rivendicare il senso di questa espressione che in sé e per sé non sarebbe negativa, ma indicherebbe la via che sceglie la pecora nera nietzschiana; in un vagare senza meta prestabilita i personaggi lubertiani optano per un cammino  inedito e anticonvenzionale. Sghembestorie di Valentina Luberto, solo per certi versi, ci potrebbe sembrare favolistico e fantastico, tuttavia leggendo fra le righe in quegli “stravaganti” racconti vi è nascosto il vissuto di ognuno di noi, chiunque potrebbe ritrovarsi nelle sensazioni e nei sentimenti dei protagonisti. La nostra scrittrice in una dimensione ultraterrena e ultramondana riproduce l’insensatezza che, in molte circostanze, caratterizza l’uomo e  in molti casi con un velo di ironia anzi esalta all’ennesima potenza vizi e virtù di un’umanità disillusa che ha abdicato all’essenza intima del suo essere. Valentina Luberto ha uno stile che sfiora la parodia e i frutti della sua fantasia sono canzonatori e alcuni epiteti sono stati scelti a pennello. Accostarci a una lettura dai toni “morbidi” ci trasmette serenità e ci ricorda la nostra infanzia, anni in cui ci bastava poco per sorridere tipo un gelato, una passeggiata e un amico con il quale giocare; l’adulto perde spontaneità e genuinità e un libro come Sghembestorie potrebbe essere il farmaco che funge da antidoto contro la presunzione insita nell’adulto che ha smarrito la spontaneità di un sorriso sghembo (in quanto curvo e questo potrebbe essere un implicito richiamo al titolo del libro) come i racconti di questa raccolta di un considerevole valore letterario. 

Sabrina Santamaria

autori emergenti, raccolta di racconti, recensione

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