RECENSIONE: Le radici del fiordaliso – Trilogia della Russia Bianca #1 di Anna Lisa Manotti e Erika Casali

TITOLO: Le radici del fiordaliso – Trilogia della Russia Bianca
AUTRICI: Anna Lisa Manotti e Erika Casali
PAGINE: 432
EDITORE: self

TRAMA (redatta da Adelaide)
Riassumere le vicende di questo romanzo corale non è semplice, i tanti personaggi – ognuno con una storia diversa – compongono un intreccio articolato e vario. Attraverso le avversità affrontate da intere di famiglie finite allo sbando con perdite affettive dolorosissime, in fuga da invasori inaccettabili, o costretti a fare scelte contrarie alla loro stessa indole, seguiremo le vicissitudini politiche della Bielorussia, che si conclusero con la spartizione del proprio territorio tra la Polonia e la Repubblica Socialista Federativa Sovietica. La narrazione, che si sviluppa a cavallo tra le due grandi guerre, prende avvio il 6 luglio 1918 per finire (o meglio interrompersi, rispettando alla perfezione il cliffhanger) il 17 maggio del 1943. Per chi volesse leggere un riassunto dettagliato della trama rimando a una recensione che ho trovato su Amazon scritta da Silverwillow. Di mio dico che l’asse portante del romanzo è sostenuto principalmente da quattro personaggi, che sono Leopold, Krzystof, Luiza e Sergej. Ovviamente, come già detto, non sono i soli ma è attorno alle loro scelte e ai loro comportamenti che la trama si dipana facendosi avvincente.

RECENSIONE

Composto da 428 pagine, è il primo libro di una trilogia ancora in stesura. Ricco di dettagli e riferimenti storici, dimostra l’immenso lavoro di ricerca svolto dalle due narratrici, Erika Casali e Anna Lisa Manotti.

L’alternanza degli innumerevoli volti potrebbe indurre il lettore allo spaesamento, ma sono state abilissime le autrici a consolidare, con indizi precisi e inconfondibili, i tratti di ogni personaggio e della sua storia, cosicché a poche righe dall’inizio di ogni nuovo capitolo è ben riconoscibile chi sta parlando (o di chi si sta parlando). Ognuno di essi, essendo voce narrante, dispiega un ventaglio di testimonianze.

In capitoli più o meno brevi cambiano situazioni e scenari, ma in tutti c’è del pathos, mentre la curiosità cattura puntualmente chi legge.

Gli eventi vengono riferiti come se si trattasse di un manoscritto ritrovato dopo il crollo del Regime, avvenuto nel 1991, stilato per mano di un ipotetico alto funzionario della polizia segreta. Nefandezze e gesti di grande umanità sono elementi imprescindibili dalle guerre, bravura è saperli raccontare attraverso storie tali da sembrare realmente accadute. I sentimenti, la vita che deve continuare anche dopo la morte delle persone a noi più care, confidare nell’amicizia e scoprirne il tradimento, affrontare difficoltà indicibili sperando solo nel futuro e nella libertà, per quanto aleatori, sono il tessuto di questo puzzle che si compone pagina dopo pagina sotto i nostri occhi. Personalmente non conoscevo a fondo la situazione politica pregressa della Bielorussia, e di un romanzo mi affascinano piuttosto le esistenze e il loro materializzarsi, ma questo libro ha colmato una mia lacuna dandomi un motivo in più per apprezzarlo. 

Conosceremo Leopold appena ragazzo, lo vedremo diventare uomo e vivere nel riflesso del fratello Jarek, ci affezioneremo a Krzystof, l’orfano deciso a rintracciare le sue origini, compatiremo Luiza costretta dal padre a lasciare l’uomo che ama e che…, ci faremo sorprendere da Sergej, sempre in contrasto con se stesso per ciò che per incarico è costretto a fare e ciò che per animo vorrebbe fare; a volte la spunta il membro della polizia segreta, quale è, altre l’umanità che risiede in lui.  Conosceremo i paesaggi russi, saliremo sui vagoni dei deportati diretti a nord, indosseremmo i panni lerci e lisi dei fuggiaschi, patiremo la loro stessa fame di pane e giustizia. Ascolteremo le loro lingue e ci ricorderemo del destino assurdo toccato agli ebrei perseguitati non solo da Hitler.

Nonostante la mole il romanzo risulta scorrevole, l’ho apprezzato sia per le informazioni storiche sia per l’intreccio, forse in alcuni punti la stacco di un rigo avrebbe agevolato il cambio di scena, ma ritengo sia un dettaglio davvero minimo che non penalizza affatto la lettura; rimane godibile sia per l’evoluzione della trama che per il registro usato.

Personalmente non vedo l’ora di leggere il secondo libro.

Adelaide J. Pellitteri


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