IN MILLE PAROLE #11: L’autunno eri tu di Silvia Benigno

Buongiorno a tutti!
In questa edizione del nostro concorso In mille parole gli autori hanno parlato di autunno. Questa stagione ha dato vita a tante storie diverse: qualcuno ha personificato l’autunno, a qualcun altro ha ricordato persone amate o attimi di vita; a qualcuno l’autunno mette tristezza, a qualcun altro fa sorridere; per qualcuno è profumi, odori e sapori, per altri colori. Insomma, come sempre vi consigliamo di leggere tutti i racconti. Li trovate QUI

Ecco la classifica di questo mese:

  1. L’autunno eri tu di Silvia Benigno
  2. L’autunno di Adelaide J. Pellitteri
  3. Una montagna di foglie di Alessandro Gnani

Facciamo i nostri complimenti alla vincitrice di questa edizione per l’immagine dolce e nostalgica che ha saputo dipingere con il suo racconto. Qui sotto trovate la versione integrale. Buona lettura!

L’autunno eri tu
di Silvia Benigno

Erano i funghi, le lumache o le castagne.
Erano i fiumi, finalmente abbandonati dai pescatori estivi, con i pesci da pescare e da portare a casa.
Erano i colori del gilet multitasche coordinato al capello, dei pantaloni di velluto e degli stivaloni da pesca o degli scarponi.
L’autunno eri tu.
Con l’età sei diventato del tutto somigliante all’autunno, senza però mai neanche avvicinarti alla sua pacatezza.
Hai infatti mantenuto fino all’ultimo dei tuoi giorni su questa terra, mutevole ma sempre uguale, il tuo sguardo fiammeggiante, il tuo carattere inscalfibile, il tuo profondo senso di giustizia, correttezza, onestà e conseguente immancabile frustrazione nel saperle calpestate, inascoltate, dimenticate.
Il tuo contatto con la natura, così profondo, quasi religioso, credo dipendesse anche dalla tua delusione da parte del genere umano, così spesso rappresentato da individui dubbi, opportunisti, abbietti.
La natura, con la sua schietta, ed a volte violenta sincerità, con i suoi colori, odori e forme, era più vicina alla tua indole, ai tuoi sinceri e trasparenti occhi verdi.
La natura autunnale ancora di più.
Ora guardo fuori dalla finestra, per la seconda volta in pochi mesi costretta ad una chiusura simile ad una clausura non scelta, e per la prima volta nella vita costretta ad un autunno senza di te.
Non credevo fossi così importante, così presente, così potente nella mia vita.
Certo sapevo dell’affetto che mi legava a te, sentivo il senso di appartenenza ed il senso di sfida, vedevo le somiglianze e le differenze abissali, lottavo per essere amata, accettata, accolta.
Abbiamo condiviso rabbia e risate, giochi di parole, l’amore per la musica, per l’uscire a mangiare, per gli animali tutti, per le enciclopedie, per Topolino, per le penne, per il Tiramisù.
Mi hai fatto sentire molte volte lontana mille miglia dalla tua idea di come avrei dovuto essere ed io ti ho fatto pesare l’essere diverso da come ti avrei voluto.
Eri già maturo quando sono nata e sono certa che non fossi affatto pronto ad una rompicoglioni come me, una che alla minima occasione ti faceva pesare il fatto di non essere capita, di essere di quasi due generazioni dopo la tua, di avere tutte le ragioni nel voler essere diversa da te.
Avevi i capelli brizzolati quando io ero ancora piccola e ti ho sempre visto come un grandissimo figo e te l’ho sempre detto, scatenando le tue risate che, pur non essendo mai sguaiate, ti facevano sobbalzare le spalle ed inclinare la testa all’indietro con la bocca aperta.
Mi piaceva farti ridere, sono stata il tuo pagliaccio e non sono mai riuscita a staccarmi da questa maschera: è stata colpa mia se mi hai sempre considerata immatura, ribelle, superficiale, volubile.
Eppure poi ero quella testarda, irremovibile, quella che per sostenere le sue idee si spaccava la testa a cercare ovunque le conferme alle sue tesi.
Peder, Papà, Nick, Mario (anche se ti chiamavi Aurelio), ti ho chiamato in molti modi e ti ho odiato in altrettanti modi, soprattutto quando mi guardavi come fanno i cani quando non capiscono quello che vedono, con la testa leggermente inclinata e lo sguardo giudicante.
Ma ti ho amato in milioni di modi, tantissimi non li saprai mai e va bene così.
Ti ho amato da figlia imperfetta, quella che non avresti voluto, ed ogni giorno della mia vita ti ho costretto a tenermi ed amarmi com’ero.
Fino a vent’anni mi sono infilata nel lettone con te e la mamma solo per il gusto di fare uscire forzatamente quella tenerezza che spesso mi è mancata, ti stavo addosso, persino in braccio, ti accarezzavo la testa rasata, ti facevo da estetista.
Mi manca tutto di te, mi mancano persino le nostre incazzature, mi mancano le tue critiche, mi mancano quei tuoi severi occhi autunnali.
Ora guardo fuori dalla finestra e vedo l’autunno, è tornato, è sempre lui ma non è più lo stesso, perché tu non ci sei, perché tu non torni più.

Scrivere è la mia passione, la mia ossessione, la mia vendetta, la mia condanna, così Silvia Benigno si descrive sulla sua pagina senzafine: vi consigliamo di visitarla (QUI) per leggere altri suoi brevi testi.


Vi piace questo racconto? Fateci sapere cosa ne pensate 🙂
Grazie a tutti gli autori per aver partecipato e alla prossima!

ALEX

concorso letterario, racconti

Commento

  • Complimenti a tutti specialmente ai vincitori,però la scelta non era facile penso perché erano tanti i racconti bellissimi,vero diversi,ma molto belli,stato piacere a leggerla Un saluto a tutti

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