Anna Maiorano, sempre col sorriso nonostante il tumore

Buongiorno a tutti!
Oggi il blog ospita un articolo completamente diverso dal solito. Non parleremo, infatti, di libri e di autori, bensì vi racconteremo la storia di una giovane donna che sta affrontando una delle sfide più drammatiche dell’esistenza umana… con il sorriso. In occasione della Giornata della Vita, ecco a voi una storia in cui “la vita trionfa”.

N.B. L'articolo è uscito in versione ridotta sul numero di oggi de L'Eco di Bergamo, firmato da Giorgia Pollastri (che sarei io, Alex).

«Quando me ne sono accorta era la fine di maggio 2019 e stavo facendo la doccia: ho sentito pallina sul seno destro», inizia così il racconto di Anna Maiorano, quarantenne residente a Treviglio, due figli. «Fino al giorno prima non c’era niente, ne sono quasi sicura… controllavo, e non c’era niente», aggiunge.
Prima di proseguire con la sua storia, Anna ci tiene a dare un consiglio a tutte le donne: «Controllate quotidianamente, l’autopalpazione è fondamentale; i controlli annuali, per quanto importanti, non bastano. Dobbiamo essere consapevoli del nostro corpo e andare dal medico se abbiamo dei dubbi. Meglio rompere le palle che cadere dal pero».
Pochi giorni dopo i primi esami all’ospedale di Zingonia, Anna è stata richiamata dal medico, che è andato dritto al punto: «Signora, si sieda e mi ascolti: lei ha due tumori, uno dei quali è grosso e aggressivo, dovremo toglierle il seno e non so dirle se guarirà. Questa è la verità, quindi forza e coraggio», crudo e schietto al cento per cento. Anna ricorda ben poco del viaggio di ritorno: sa solo che, in qualche modo, è arrivata a casa, da dove ha chiamato la madre, la sorella e l’ex marito. Lacrime disperate per tutti. Agli altri Anna ha scritto solo un breve messaggio su Whatsapp. Telegrafica. «Non avevo voglia di parlare con nessuno. Mi sono sistemata e sono andata al lavoro, come se nulla fosse. A casa dopo ho pianto, certo, però ho anche capito che dovevo affrontarlo. Ho deciso che sarei andata al lavoro fino all’ultimo giorno, se fossi rimasta a casa sarebbe stata la fine».
Per fortuna il primo intervento –  quello per rimuovere la massa tumorale e il seno –  ha rivelato che la situazione era meno grave del previsto. Il che, tuttavia, non ha risparmiato ad Anna quattro cicli di epirubicina cloridrato (chemio rossa, la più forte) e dodici chemio di mantenimento.
«Tutti si concentrano sulla perdita dei capelli, perché è il primo segno evidente provocato dalla chemio. Secondo me però il problema non sono i capelli o le sopracciglia o le unghie, il vero problema è che la chemio ti stanca, ti toglie proprio le forze. Ha un impatto psicologico enorme», spiega ancora Anna, la quale, nonostante tutto, ha sempre cercato di buttarla sul ridere: per risollevare il suo umore e quello delle persone che le stanno intorno, spesso parla del suo «braccio sminchio» e della sua «tetta tarocca».
«In una situazione che fa schifo, cerchi comunque tutto il positivo possibile. Ho trovato del tempo per me stessa, una cosa che prima non avevo mai fatto», Anna parla della differenza tra il presente e la sua precedente vita frenetica, fatta di giornate vissute di corsa e senza un attimo di riflessione: «Ora mi concentro molto di più su me stessa, su come sto, ascolto il mio corpo e mi capisco. Davvero, da questa situazione orribile nascono anche conseguenze positive».
Inoltre, grazie alla terapia, Anna ha conosciute tante altre donne «fantastiche», delle amiche con cui chiacchierare, scherzare, confidarsi.
Anna poi ribadisce come la mancanza dei capelli sia più un problema per gli altri che per lei stessa: «Non voglio la parrucca, non la sopporto, e nemmeno il cappello. Anche al lavoro… io adesso sono così. E ho pure un gran bel cranio, se devo essere sincera», aggiunge Anna con un sorriso. Riferendosi all’assenza di sopracciglia, si paragona allo «zio Fester». E sorride ancora.
Anna ammette che guardandosi allo specchio si vede diversa, è ovvio, qualche volta forse si è sentita anche un po’ meno donna, meno femminile, come quando ha perso le sopracciglia lavandosi la faccia: «La dignità però rimane, quella non la puoi perdere, perché è tua e non te la toglie nessuno. La persona non sta nell’aspetto».
Nel corso dell’intervista parliamo poi del termine «guerriera», che è stato spesso utilizzando anche in riferimento a Nadia Toffa, «una guerriera che non è riuscita a vincere la battaglia contro il cancro». Tuttavia Anna non è completamente d’accordo con questa definizione: «Non siamo noi che vinciamo la malattia, la medicina vince la malattia. Noi vinciamo sull’impatto psicologico della malattia. Riuscire a non abbattersi è la vittoria. Io ho vinto».
Questo difficile viaggio per Anna non è ancora finito, intanto però lei è sicura che non vedrà mai più la vita come prima: «Questa esperienza mi ha cambiata completamente. Io prima ero una persona tendenzialmente triste, a causa di una serie di delusioni della vita… Ora, nonostante tutto, per assurdo, posso dire di non essere più triste.  E cercherò di non essere mai più triste. Sempre col sorriso, questa è la mia nuova filosofia di vita», conclude Anna.


Oggi non parliamo di libri, giusto? E invece, un pochino, comunque di libri parliamo. 
Anna fa parte dell’associazione Le Amazzoni, una no-profit a sostegno dei malati oncologici che organizza iniziative e raccolte fondi finalizzate a migliorare i percorsi di cura e guarigione.
Diverse donne appartenenti all’associazione hanno contribuito con le proprie storie alla stesura del libro Voci da dentro, un’antologia artistica e letteraria di esperienze di vita in oncologia. L’iniziativa ha l’obiettivo di valorizzare le persone che hanno avuto a che fare con la malattia oncologica attraverso l’uso della parola scritta, in una sorta di racconto corale e poetico che vede protagonisti insieme, per la prima volta, pazienti, familiari e operatori del settore.
Per info clicca QUI.

Spero che l’articolo vi sia piaciuto.
Se vi va, lasciatemi un pensiero qui sotto 🙂

ALEX

cancro, intervista

Comments (3)

  • Non solo mi è piaciuto, ma mi ci sono ritrovata. Io sono stata operata all’età di 24 anni e grazie ai medici sono ancora qua a distanza di una vita. I controlli vanno fatti perché ti salvano e mi sono salvata a luglio del 2019 per la seconda volta (spero che i prossimi controlli confermino). E si, cambi tu e la percezione del mondo, di cosa è importante e cosa no. E soprattutto ci vuole la forza di affrontare tutto con la massima positività e col sorriso. Grazie Anna per il tuo esempio

  • Alex Astrid (pseudonimo) scrivi con uno stile corretto, preciso, sensibile, comprensibile; già lessi, non ancora finito di leggere perché il racconto è
    molto intimo è colpisce i tuoi cari finito nel 2016, acquista nel 2019: “vuoi conoscere un casino?”. Il titolo sembra ammiccante ma il racconto è vissuto in prima persona ed è struggente.
    Good Luck every day Alex Astrid

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